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Ci sono bambini che non mostrano particolare difficoltà e oppositività nello svolgere ciò che viene loro assegnato a scuola, altri invece per cui il momento in cui ci si siede davanti a libri e quaderni diventa un incubo. In questi casi, per molte famiglie, le ore dedicate ai compiti diventano una vera e propria lotta.

I primi anni di scuola sono un momento di transizione e cambiamento, sia per i bambini che per i genitori. Ci si trova davanti a nuove richieste e nuovi obiettivi non sempre facili da sostenere.

Arriva il momento in cui è necessario stare fermi e seduti al banco, in cui bisogna trovare la voglia e la concentrazione di fare i compiti una volta tornati a casa.

Cosa fare quindi?

Innanzi tutto è fondamentale capire le caratteristiche del bambino, cosa gli può piacere di più o di meno della scuola, capire quali siano i motivi per cui non vuole fare i compiti, sono solo capricci e poca voglia o c’è qualche difficoltà?

Il genitore può aiutare il figlio da due punti di vista:

  • Cognitivo: può mettersi vicino a lui, rispiegargli qualcosa se non ha capito, ma deve evitare di fare esercizi, ricerche, schemi, riassunti al posto suo. Se proprio il bambino non riuscisse da solo, il genitore può segnalare la difficoltà alla scuola, sarà quindi compito dell’insegnante rispiegare l’argomento o eventualmente segnalare alcune problematiche specifiche;
  • Emotivo-relazionale: è importante far vedere al bambino che si crede in lui senza farlo sentire in difetto se non capisce qualcosa sminuendo le sue capacità. E’ importante non fare le cose al posto suo perché sarebbe come ammettere che si è consapevoli che da solo non potrebbe farcela e così sarà ancora più difficile per il bambino trovare la giusta motivazione.
    Sarebbero da evitare frasi come “ma dai è facile, come fai a non capirlo?” o insultare le sue capacità o la sua intelligenza. Non bisognerebbe alzare la voce o spazientirsi se si vede che un argomento non viene capito anche dopo mille spiegazioni. Se è frustrante per voi che lo spiegate, pensate cosa può provare il bambino. Non sarà un tono nervoso o arrabbiato a renderlo più tranquillo e a facilitare la comprensione di un esercizio o di un testo da studiare.

Premi si o premi no?

Questa è una domanda difficile, la risposta non può essere la soluzione per tutti, ma proviamo insieme a darne una.

E’ vero che la scuola è un obbligo, è il loro dovere impegnarsi, studiare e prendere bei voti. Ma diciamocelo, se noi non avessimo uno stipendio andremmo lo stesso a lavorare? Senza una gratificazione saremmo spronati ad impegnarci sempre di più?

C’è a chi basta un complimento, un voto alto, ma spesso per un bambino che deve rinunciare a giocare, a vedere gli amichetti o andare al parco con mamma e papà a favore dello studio, la soddisfazione personale non sarà una motivazione sufficiente.

Con questo non voglio dire che ad ogni bel voto si debba fare un regalo, ma che si possono trovare degli accordi, si può stipulare un “contratto”, come all’inizio di ogni lavoro. Per esempio: ogni cinque bei voti un regalino, un giro sulle giostre, un gelato, un pomeriggio libero al parco. Nel periodo delle medie si potrebbe concordare un premio in euro, cosicché se egli volesse tanto la playstation, un nuovo videogioco dovrà mettere da parte ciò che gli serve per comprarlo e l’acquisto sarà la ricompensa per l’impegno scolastico. Ovviamente il “bel voto” dev’essere calibrato alle capacità del bambino, dopo tanti cinque un sei o un sette possono già essere considerati del buoni risultati e oltre al voto numerico andrebbe riconosciuto anche l’impegno che c’è stato dietro ad una verifica o ad un’interrogazione.

Non sono ricatti, ma strategie per dare un obiettivo concreto, una motivazione al noioso studio delle tabelline o ad un pomeriggio in compagnia dell’analisi grammaticale invece di un giro in bicicletta.

Riepilogando

Le cose principali da fare per trasformare il momento dei compiti in un momento piacevole, o perlomeno in un momento non del tutto terribile, saranno:

  • Capire il bambino e le sue eventuali difficoltà;
  • Stare vicino al bambino senza sostituirsi a lui;
  • Stimolare la sua curiosità e la voglia di apprendere;

Risulta fondamentale poi la creazione un buon metodo di studio e di una collaborazione scuola-famiglia, così che i genitori e gli insegnanti possano collaborare per il benessere del bambino.

Qualora non si riuscisse ad affrontare le difficoltà all’interno delle mura domestiche, potrebbe essere utile chiedere l’aiuto ad un professionista che possa identificare sia le aree problematiche del bambino sia i suoi punti di forza.


Percorriamo questa strada insieme:

Tel: +39 345 149 4951

E-mail:   info@psicologaferrero.it


Fare i compiti, che fatica!
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